Un uomo che apre le braccia osservando un cielo di stelle luminose

il coraggio di non avere ragione

Avere ragione sta diventando l’obiettivo principale dei nostri tempi.
I nostri profili sociali e reali sparano così tante stilettate sul mondo, che se arrivasse ET e ci ascoltasse, avrebbe una paura folle di viverci.
Urlerebbe come un pazzo dimenando il dito Abat-Jour:
-IPhone 6S plus, casa! IPhone 6S plus, casa!-
Questo è senza dubbio un posto pericoloso in cui nascere, è corrotto, è spietato, è cattivo.
Esiste sempre un nemico dietro alla porta e qualcuno che gode a nascondere le sue debolezze dietro un comodo atto di viltà.
Esiste l’invidia, la presunzione, l’opportunismo e la voglia di fare male agli altri.
Wow, se ho dannatamente ragione oggi!
Ma cos’è la ragione?
Secondo il vocabolario è la facoltà di pensare e formulare giudizi.
Ops, concetto di giudizio.
Quanto valore ha quest’ultimo nella trasformazione di un atto corrotto in uno depurato?
Nessun valore temo, a parte un piccolo effetto collaterale: l’unica cosa che sposta è ciò che NOI alimentiamo dentro.
Quando ci capita di giudicare, di insistere nel volere aver ragione, nel dare un parere non richiesto, accadono una serie di cose.
La prima è quella sensazione di vittoria dell’ego: “questa è proprio buona, nessuno me la può confutare!”.
Le seconda è di liberazione dalla nostra frustrazione personale “l’ho detto, ahhh, se mi sento bene adesso!”.
Poi vuoto per un po’ finchè ad un certo punto lo sentiamo arrivare: il boomerang che, dal cielo, ci ritorna dritto sulla testa.
Ciò che ci comincia a corrodere dentro nasce dal fatto che non esprimiamo giudizi per cambiare davvero qualcosa quanto per dimostrare che ciò che esiste attorno è spesso più sbagliato di noi.
Così capita che più che cercare un’alternativa al problema, si cerchino colpevoli.
Ma tutto ciò che viene definito come cattiveria negli altri, molte volte è solo una violenta forma di terrore di vivere e di giudizio implacabile verso le nostre stesse debolezze.
Siamo a caccia della sensazione di essere “quello a cui non la racconti”.
Un’enorme lotta per dimostrare il nostro essere più intellettuali, più realistici, più puliti di chi ci circonda.
La ruota del pavone: la titanica guerra dell’ IO.
Purtroppo però, quella che percepiamo come una zattera, nel tempo si riempe del peso di tutti i nostri giudizi e diventa più simile ad una pesantissima ancora che ci porta giù, giù, giù nel profondo degli abissi.
E chi attorno a noi riesce a nuotare leggero che cosa fa’?
Forse le prime volte ci tiene per mano e ci aiuta a resistere all’annegamento ma, alla lunga si allontana, con la paura, del tutto animale, di non riuscire a sostenere a lungo la fatica di un corpo in più che in quel mare ha scelto di affondare.
Quindi avere ragione è davvero l’obiettivo della nostra esistenza?
E se esistesse un modo migliore per dare senso a ciò che siamo?
Chi siamo innanzitutto?
Quante energie sprechiamo a volte nel commentare una miserabile ombra piuttosto che accendere una piccola luce sfruttando le nostre capacità in positivo?
Ognuno di noi è straordinario e qualcosa da dare la possiede; a volte basterebbe voler cercare nel posto giusto.
La logica delle stelle dice che tante luci insieme fanno brillare qualsiasi notte.
Una volta lessi una frase che mi punisce tuttora quando mi capita di cedere al bisogno di giudicare:
“Il mondo cambia col tuo esempio, non con la tua opinione”.
E’ un concetto semplice ma molto potente.
Ammetto sia anche piuttosto faticoso, io per prima ho dei limiti pazzeschi e mi sta capitando di dover rivedere tante idee che negli anni mi avevano fatta sentire al sicuro.
Il fatto è che, ad un certo punto, se rimani in ascolto, se smetti di vociare per non sentirti dentro, capita che ti arrivi una domanda nelle orecchie molto più forte delle mille verità che ti ammiccano di fianco:
“Ma tu, vuoi avere ragione o vuoi essere felice?”

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