Capitan Uncino, faccia fiera, con uncino alzato

Il mio amore è per Capitan Uncino

Stanca dell’ amore del mondo per Peter Pan, vorrei dirvi una cosa nel modo più sincero ma elegante che conosca: Peter Pan mi è sempre stato sulle palle.
Ma un bel po’ tra l’altro.
Ma vi pare che un bimbo possa decidere di rimanere piccolo e maleducato per tutto il tempo che vuole?
Sì perchè Peter Pan è quel discolo che la sera, quando i signori Darling salutano i propri figli, accompagnandoli al sicuro del proprio letto caldino, entra volando dalla finestra e li preleva alla chetichella.
Lui, Peter, non guida la bicicletta come tutti quelli della sua età, non si accontenta di un monopattino regalatogli a Natale: lui vola.
E lo fa’ grazie alla polverina magica di Trilly, una fatina minuscola innamorata di lui.
Che poi sta Trilly benedetta che tiene tutta sta polvere per volare, che manco Pollon nei suoi momenti migliori, cosa può pretendere da Peter?
“Ma Trilly cara, ho paura che tutta questa polvere tu te la sia sniffata, altroché. Supponiamo per un attimo che Peter capisse di amarti: mi spieghi che cosa fareste insieme?
La prima volta che ti bacia come minimo ti ingoia e sul resto della questione manco vorrei entrarci…”
Be’, dicevo, Peter entra nella camera dei bimbi Darling e li preleva, facendoli volare di notte sui tetti della città fino a portarli a giocare sull'”Isola che non c’è”.
Ma è scemo?
Ma se per caso i genitori Darling entrassero per un ultimo bacio notturno, che infarto prenderebbe loro?
Due poveri genitori distrutti dal dolore e Peter e allegra comitiva a giocare ai pirati.
Che poi se ‘sta benedetta isola “Non c’è” cavolo ci va’ a fare tutti i giorni Peter Pan?
Semplice: va a rompere le palle al padrone morale dell’isola: il grande Capitano Uncino.
Peter Pan, sappiatelo, per me non è altro che uno stalker nano.
Mantiene la finzione sulla sua minore età solo per non essere punito a dovere.
Assomiglia tanto a quel vicino di casa che c’ha la fissa per un condomino e, siccome questi non se lo calcola di striscio, continua imperterrito a fare dispetti su dispetti, pur di attirarne in un qualche modo l’attenzione.
Ma Capitano Uncino, fosse per lui, manco lo guarderebbe Peter Pan.
Quest’uomo ne ha abbastanza del suo con:

– Una Nave enorme da guidare
– Un primo marinaio così astemio da meritarsi il soprannome di Spugna
– Una mano sola perché l’altra (udite, udite) se l’è ingoiata un coccodrillo sempre per colpa di Peter.

Questo povero capitano, che vive una vita nella quale se si gratta con la mano sbagliata si cava un occhio, se ne andrebbe anche volentieri dall’Isola, ma l’Isola “Non c’è” per ordine di Peter Pan che continua a rompergli le scatole con tutta la sua truppa costituita, pensate un po’, da Bimbi Sperduti (ma glielo vogliamo dare un GPS a questi qua?)
Poveri bimbi che non riescono più a tornare dai propri genitori e quindi si adeguano a tutti i capricci di Peter.
E lui, Peter, contornato da fate tossicodipendenti, bambini volanti e coccodrilli famelici ( un gatto un topo un elefante, non manca più nessuno..) è come quel re reso cretino dai finti complimenti dei ruffiani di corte.
Continua a fare danni pensando pure di essere simpatico
Ma a me sta proprio sulle palle.
Il mio amore va tutto a Capitano Uncino: in primis per come si veste (TOP) e secondo poi perché tutte le mattine si alza, spiega le vele e cerca di mettere un po’ d’ordine tra quei quattro gatti randagi che si ritrova come ciurma e che tanta soddisfazione, diciamocelo, non gliela danno proprio.
Lui però va’ avanti, imperterrito, pagando lo scotto di essere un adulto responsabile (sebbene questo significhi non poter volare) e tutti i giorni sopporta la sfida quotidiana col coccodrillo che ancora lo cerca per finire il boccone.
Perché in quell’isola , se non sei quel gran furbone di Peter Pan e quindi non puoi volare, non importa che tu sia un coccodrillo o Capitan Uncino, tu sai già che tutte le mattine devi cominciare a correre.

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