Mamma con gambe raccolte, seduta per terra

La mamma psicopatica

“Son le sette e mezza e ancora non siete vestite!!!
Daria, il latte si beve, non si contempla! Alice, NO!Ti ho detto che non posso metterti quel vestito, è inverno e non ti mando a congelare in mezze maniche! Dariaaaa! Lo stai rovesciando quel latte e dopo ti devo ricambiare! Santo Cielo, Alice non ti mettere a piagnucolare o oggi niente tv! Non c’è tempo, dobbiamo andare bimbe, devo correre a lavorare! Basta capricci o scatta la punizione uno, due…!!!”
Inverno, meno cinque gradi fuori ed io sono madida di sudore.
Non solo: ho la vena che pulsa sulla fronte e la mia faccia, lo so già, è stravolta dopo soltanto un’ora dal risveglio.
A poco conta che faccia Yoga per rilassarmi alle prime luci dell’alba. Al primo rumore che avvertono dalla sala, le due orche nane sono già appiccicate a me, sedere in faccia mentre sono nella posizione di equilibrio più difficile, quella che solo oggi mi era finalmente venuta.
E non sono silenziose, MAI. Appena smontate dal letto hanno già una quantità infinita di domande fondamentali sull’esistenza tipo “Perché mamma il lampadario della sala è stato scelto viola?”
Ed io non lo so, non lo so, NON LO SOO..!
Ciò che so per certo però è che è giunta l’ora di appendere il tappetino al chiodo e di dirigermi sconsolata verso la cucina per preparare la colazione.
Prima o poi, fantastico, avrò un’ora tutta per me e potrò anche farmi le unghie senza che nessuno mi chieda, a smalto appena passato, di sciogliere il nodo della corda che ha legato stretta stretta ai piedi della sorella urlante “Per scherzo mamma!”
Potrò fare una passeggiata con musica nelle orecchie e permettermi di essere finalmente disattenta a tutto ciò che mi circonda. Ciondolare tra le vetrine dei negozi del centro e persino farmi una dormita di nove ore filate senza svegliarmi nel cuore della notte col rumore di chi si è infilata a tradimento nel mio letto e mi russa beata in faccia.
La stanchezza, quella sì che è micidiale per una madre.
Quando sei con loro, non passa un minuto nel quale tu possa realmente impegnarti con continuità su una cosa. Benchè sia sera inoltrata, è la terza volta che salgo nella loro camera perchè hanno perso il pupazzo, vogliono l’acqua o hanno visto un omino verde che balla sull’armadio.
Una madre ha due facce: quella normale, sul lavoro, quando può addirittura andare in bagno senza la scorta e quella psicopatica a casa mentre prepara la cena, carica la lavatrice, risponde ad una mail, calmiera una rissa, risolve il rebus della differenza tra un gatto ed uno Stregatto e nel frattempo urla isterica per casa, in modo più o meno regolare frasi tipo “no no no!!”, “se continui vai in punizione!” e “sappiatelo, adesso scappo!”.
Il bagno è l’unico posto nel quale per qualche minuto ci si può nascondere, rannicchiate spalle alla porta per bloccare ogni accesso, dondolandosi a gambe raccolte, con lo sguardo allucinato di Jack Nicholson in Shining.
Qualche minuto solo chiaramente, prima che qualcuno urli “Maaamma!!!” battendo forsennatamente i pugni sulla porta.
Ecco, è in questi momenti che pensi che vorresti buttarti dalla finestra (tanto abiti al primo piano) e scappare via scalza per strada urlando con le mani che strappano i capelli phonati a metà.
Ma, dopo un sospiro di rinforzo, ti sposti dalla porta, le fai entrare e le guardi con lo sguardo avvilito di chi sta per ricevere un altro compito impossibile da svolgere.
Ed è lì che, in modo sorprendente, loro ti guardano, con gli occhi più dolci e luminosi del mondo e ti dicono questa semplice frase: “Ti voglio bene mamma”.
E di colpo, il segnale rosso di benzina in riserva sparisce e tu, rialzandoti da terra, abbandoni quell’espressione da madre psicopatica che tanto ti massacra di sensi di colpa ma che loro, abituate a sostenere, ormai non temono neanche più.

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