Catene

Le catene invisibili del nostro tempo

Siamo nell’epoca delle catene invisibili ovvero di quelle che non hanno bisogno del filo per renderci schiavi.
Esse sono così diffuse e radicate nella nostra cultura, da essere in grado di poterci legare in modo silenziosamente capillare.
Whatsapp, in qualità di strumento leader della messaggistica istantanea è, ad oggi, una tra le catene più solide che l’uomo abbia mai costruito.
Ed io spesso non lo sopporto.
E’ peggio delle sigarette; causa dipendenza e lo fa attraverso l’apparenza di uno strumento più necessario che dannoso.
E’ subdolo perchè offre l’opportunità di esprimere al mondo la propria vanità, si insinua nelle vite di ognuno di noi e piano, piano, divora tutto il tempo a disposizione.
Pensate che la mia sia un’analisi esagerata vero?
Non avete forse due chat delle mamme, diverse chat di gruppo, alcune persone piuttosto invadenti e qualche amico votato alla religione delle catene di Sant’Antonio.
Sì perchè è proprio questo il problema: whatsapp è un sistema che spinge a vomitare informazioni ridondanti piuttosto che allenarci a “comunicare” in modo interessante.
Non sempre per fortuna.
Con gli amici ci si fanno anche delle abbuffate di risate e penso che sia proprio questa la discriminante; chi ti conosce davvero sa come comunicare con te, al di là del modo che utilizza.
Vogliamo parlare dei messaggi vocali?
La maggior parte delle informazioni che risiedono all’interno di essi è scoria pura.
Non dico che non siano utili quando si è alla guida o quando si deve dare un’informazione urgente in un momento di panico ma, utilizzati come standard, sono ricatti sotto forma di notifica.
Non ti viene anticipato l’argomento del quale si voglia parlare e non puoi darci una scorsa veloce e silenziosa se non hai tempo.
Devi ascoltarli subito, ovunque tu sia, sorbendoti pause, linguaggio inappropriato e ,finchè non ascolterai tutto il messaggio, ti rimarrà sempre il dubbio di aver perso qualcosa di importante.
Io lo so che farò la fine di Cassandra mentre urlava di non fare entrare il cavallo dentro alle mura di Troia; visionaria, pazza, esagerata.
Penso però che i messaggi a pagamento fossero molto meglio perchè si cercava di condensare informazioni di qualità piuttosto che tutto quello che ci passa per la testa in un momento di ebrezza di parole.
Sono convinta anche che servirà prima o poi riformulare le regole che gestiscono questi strumenti per arrivare ad ottenerne un uso educato e civile.
Capisco benissimo che la vita di ognuno di noi abbia dei momenti di crisi tale da farci sfruttare in modo massiccio tutte le risorse capaci di farci evadere un po’.
Ma ci stiamo scordando di guardare il cielo e non siamo più capaci di gestire il silenzio o la noia.
Ci stiamo scordando che, dall’altra parte del filo c’è sempre una persona che può non avere voglia di dover gestire le spunte blu di tutte le cazzate moltiplicate che abbiamo la necessità di vomitare.
Ci stiamo scordando che ogni tanto si può accendere il motore della nostra macchina e fare la fatica di qualche chilometro per vedere in faccia quell’amico con cui desideriamo parlare.
Ci stiamo confondendo tra area personale e area professionale, rendendo sempre più deboli quei confini che garantiscono valore al nostro mestiere.
Io non credo che la tecnologia si possa fermare ma credo che le persone si possano educare ad un uso consapevole di essa.
“Non è mai la pistola che spara ma il dito che preme il grilletto”.
So per certo che non sono l’unica che comincia a sentire il disagio creato da questa soffocante abbondanza di parole e mi interessa cominciare a far riflettere su una questione che, alla lunga, potrebbe ammalarci davvero tutti.
Quindi, voi fate come volete ma io non risponderò alle catene, ascolterò i vocali solo se vorrò/potrò, me ne fregherò delle spunte blu di chiunque voglia una mia reazione alla sua comunicazione e, tra qualche minuto, mi metterò le scarpe comode per andare a vedere il tramonto sulla vigna brinata del campo di fronte.

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