uomo in treno

Lettera ad un amico perduto per strada

Caro amico perduto, parto con caro perché caro sei stato e per tantissimo tempo.
Ma un amico si può perdere per strada e di solito accade perché non è stato trattato come avrebbe desiderato o non era più agganciato nel momento in cui sei cambiato.
Sicuramente io in qualche cosa ho fallito, non posso dire di no.
Magari quella volta in cui invece di ascoltarti ho pensato di farmi una passeggiata immerso nel vociale dei miei pensieri e nel suono ritmico del mio camminare.
Non te l’ho confidato ma c’era tempesta anche nel mio cuore e ho preferito sbrigarmela prima di cadere nel solito “anche io sto male” .
E’ la solita ingiusta frase, quella che arriva quando uno chiede aiuto e l’altro, invece di ascoltare, si mette al centro rubandogli tutto il diritto di soffrire per primo.
Forse non è stata la scelta più giusta ma il mio silenzio mi ha permesso di rimettere un piede davanti all’altro e poterti offrir la spalla la volta successiva.
Ma la tua richiesta di soccorso era già più dolorosa oltre che intrisa di quell’iniziale primo velo di rancore.
“Mi hai lasciato solo e io non te lo posso perdonare..”
Se conoscessi davvero ciò che sono, sapresti che il mio credo è che non si può aiutare nessuno se prima non si aiuta sè stessi, sapresti inoltre che non sono perfetto come mi volevi vedere e che non sono mai sceso da alcun piedistallo in quanto credo di non meritarmene neppure uno.
E tu? Quante volte mi hai ascoltato?
Lo sai che dentro ad un sorriso a volte c’è nascosto il più terribile dei segreti?
Lo sai che il vero dolore è spesso muto e sordo?
Ma tu ricordi quanto ridevamo insieme?
E quanto abbiamo pianto?
Non basta tutto questo a dare il giusto peso a ciò che ci è rimasto?
La vita è bella benché ti abbia perso e ho capito da subito quando è arrivato il momento in cui saresti dovuto andare.
Ma io ho rispetto del tuo ricordo, di quando, occhi attenti fissi sui miei, condividevamo una preziosa tratta di questo lungo viaggio.
Poi, cartina alla mano, ci siamo precipitati giù dal treno, con la premura di acchiappare un’altra coincidenza.
Il viaggio stesso ce lo imponeva.
E quando finalmente abbiamo trovato da sedere, con addosso ancora il fiatone della corsa, ci siamo accorti di non essere più sullo stesso vagone.
Quindi, adesso pensaci di nuovo: sei mio nemico o solo un vecchio amico ferito?
E guarda bene che io penso che del “nemico” tu non abbia nulla in quanto quelle sono solo anime buie che manco si godono il viaggio perché troppo impegnati a piangere del prezzo del biglietto e a rubare il posto agli altri passeggeri senza riuscire mai a mettersi seduti il tempo necessario per godersi il panorama.
Ma tu sei stato quel fratello allontanato dalla premura di una semplice circostanza: la vita.
Vorrei tanto che leggessi questa lettera e prendessi in considerazione l’idea di salutarmi, senza alcun rancore.
Io non ne ho affatto e sono da tempo pronto a proseguire.
Così questa lettera la appoggio qui, sul sedile del treno intriso delle nostre parole e sul quale so che ti siederai ancora.
So che riconoscerai la mia calligrafia e capirai che è proprio per te.
Ti invito, per amor di ciò che è stato: non permettere alla tua rabbia di corrompere il nostro viaggio.
Vorrei poterti salutate di nuovo quindi ti chiedo: alzati e guarda fuori dal finestrino, ho la mano alzata nel gesto universale del commiato.
E mentre parte l’ultimo richiamo del macchinista, sappi che spero di poterti ritrovare in quel momento in cui la nostra diversità tornerà ad essere reciproca ricchezza.
Ecco, avverto il rombo crescente del motore e ti scorgo mentre appoggi le dita al finestrino appannato del vagone.
Forse mi vedi finalmente e ti accorgi che in tutto questo, quanto ci serve ora è solo un reciproco “In bocca al lupo di cuore”.

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